I ricercatori in Germania hanno scoperto un muro di 11mila anni fa sommerso dalle acque del Mar Baltico. Si ipotizza fosse utilizzato per la caccia alle renne. La scoperta è avvenuta nella regione settentrionale del Mar Baltico, vicino alla città di Wismar, nelle acque poco profonde al largo delle coste tedesche. Lo studio internazionale suggerisce che questa struttura, lunga quasi un chilometro, potrebbe essere stata utilizzata dai cacciatori preistorici per guidare le renne verso zone di caccia o intrappolarle.
La scoperta del muro sommerso nel Mar Baltico
La scoperta è avvenuta durante una missione di ricerca condotta da archeologi e geologi in Germania. Utilizzando sonar e tecnologie di imaging subacqueo avanzate, gli scienziati hanno rilevato la presenza di una lunga struttura sottomarina, che si estende per quasi un chilometro. E’ stata identificata vicino alla città di Wismar, nelle acque poco profonde del Mar Baltico.
Funzione ipotizzata e significato storico
Gli studiosi hanno ipotizzato che questa struttura potrebbe essere stata utilizzata durante l’era preistorica per la caccia alle renne. Secondo la loro teoria, i cacciatori preistorici avrebbero potuto guidare le renne verso la struttura, facendole seguire un corridoio sottomarino che le avrebbe comportate in determinate zone di caccia. La struttura avrebbe potuto servire anche a intrappolare le renne, facilitando il loro abbattimento.
Un’importante scoperta archeologica
Questa scoperta rappresenta un’importante aggiunta alla nostra comprensione dell’era preistorica e delle tecniche di caccia utilizzate da antiche popolazioni. La presenza di una struttura così avanzata e complessa sott’acqua dimostra l’abilità e l’ingegno dei cacciatori del passato. Inoltre, fornisce anche nuove informazioni sulla geografia e il paesaggio dell’epoca.
“La scoperta di questo muro sommerso nel Mar Baltico offre una nuova prospettiva sulla vita dei nostri antenati e ci aiuta a comprendere meglio le strategie di sopravvivenza dell’era preistorica”, ha dichiarato il Dott. Hans Mueller, uno dei ricercatori coinvolti nello studio.